non di solo pane vive l’uomo

In questo periodo, in cui tutti facciamo del nostro meglio per sostenere l’impatto che il virus Covid19 e il lockdown hanno sulle nostre vite, la domanda che più frequentemente mi ripeto è: “Che altro si può fare per favorire la nostra salute?” La domanda nasce dal senso di disagio che mi rimane dentro dopo aver letto o ascoltato le notizie diffuse dalla stampa o le interviste ai rappresentati del governo o responsabili sanitari. Manca qualcosa, e qualcosa di fondamentale.

L’essere umano non vive di solo pane, ha detto qualcuno saggio molto tempo fa. Oggi potrebbe essere declinato dicendo: non della salute del solo corpo vive l’uomo.
Lo sappiamo da molti anni, da quando Harlow ha fatto i famosi esperimenti sull’attaccamento con le scimmiette: messe in una gabbia con latte fornito da un biberon , e un pupazzo di peluche che però non forniva nutrimento, gli animali sceglievano di stare a contatto con il peluche per la maggior parte del tempo, a parte brevi momenti in cui si alimentavano.

Ma Harlow non si fermò qui. Volle vedere cosa accadeva se i primati rimanevano in isolamento, pur continuando ad avere cibo e calore fisico. Confinò le piccole scimmie in gabbie sempre più anguste, e le lasciò isolate per mesi, alcune per anni. I risultati furono sconvolgenti: molte delle scimmie morirono. Quelle che sopravvissero mostrarono alterazioni nel comportamento a causa della reclusione, chi restò in isolamento più a lungo divenne catatonico.
E infine, quando finalmente venivano messe in compagnia di altre scimmie, non erano più in grado di relazionarsi, manifestavano comportamenti antisociali, o comportamenti autodistruttivi. Quello che scoprì divenne fondamentale per validare la teoria dell’attaccamento, e spiegare le radici di molte psicopatologie nell’essere umano.

Cosa ci ha insegnato questo? Che per i primati (e noi siamo primati) il contatto, il calore, la relazione sono fonti di nutrimento più importanti del cibo. Infatti negli orfanotrofi dell’800 i bimbi morivano  in grandi numeri non per mancanza di cibo, ma per mancanza di contatto: semplicemente si lasciavano morire perchè non venivano cullati, tenuti in braccio, non gli si parlava!

 

cura del corpo e bisogni umani fondamentali

Le scelte che il nostro governo ha fatto sono relative esclusivamente alla sopravvivenza del corpo. Garantire la sopravvivenza è fondamentale e importantissimo.

Ma non sarebbe nel 2020 opportuno occuparsi anche della salute? Quella salute che non è esclusivamente la mancanza di malattia nel corpo ma qualcosa di più ampio. Si può morire anche quando il corpo non ha malattie, ricordiamocelo. L’OMS ha definito la salute non come mera assenza di malattia, ma come

“stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”.

Ecco allora la gravità della situazione in cui siamo oggi: la dimenticanza dei bisogni umani fondamentali relativi al benessere psichico e sociale che sta operando il nostro governo avrà conseguenze che si vedranno soprattutto quando potremo riprendere la nostra normale routine quotidiana.

E si manifesteranno non solo per la crisi economica che inevitabilmente arriverà, ma anche perchè avremo consumato la nostra resilienza nel gestire il panico, la paura e l’ansia generata dalla propaganda mediatica sul COVID (affinchè rimaniamo più facilmente a casa), senza poter prendere aria, senza poter andare nella natura (da soli), e nutrirci con la grande capacità di guarigione che essa offre, senza poter sentire il calore degli amici se non su monitor (!), (perchè in molte situazioni siamo interrotti dalle forze dell’ordine mentre salutiamo le persone care persino a distanza).

nutrire la resilienza

Non è questa la sede per entrare nel merito del perché il nostro governo non ha la possibilità di tutelare la nostra salute, e cerca di garantirci almeno la sopravvivenza. Ritengo però che se non lo fanno coloro che ne avrebbero l’obbligo per mandato ricevuto dai cittadini, possiamo e dobbiamo farlo noi, ognuno nel suo piccolo: essere delle risorse gli uni per gli altri, offrire ciò che può aiutarci a sostenere la nostra resilienza, a cavalcare le nostre emozioni, a trovare un senso agli avvenimenti che stiamo vivendo.

La Domanda allora, per ognuno di noi, diventa: “Io che cosa posso fare?”
E’ una domanda importante, che mi ha aiutato ad aprire la mente, a espandere la creatività, a riconoscere possibilità là dove prima vedevo barriere. Ti racconto le risposte che sto dando a questa domanda.

 

Per cominciare ho deciso, oltre a fare quello che tutti o quasi facciamo nelle nostre giornate (leggere l’andamento dei dati sull’epidemia, meditare, leggere articoli, commentare sui social, scambiare messaggi con amici ……), di continuare a fare il mio lavoro, ciò che amo e che mi nutre profondamente: sostenere le persone e accompagnarle in percorsi di crescita.

Prima del mese di marzo, non avrei mai immaginato che avrei fatto sessioni di psicoterapia online: il metodo che ho studiato e applico è a orientamento corporeo, totalmente opposto a ciò che a prima vista si può realizzare con una seduta online.

 

Classicamente, in una psicoterapia ci sono due persone in relazione in una stanza (questa è una definizione di psicoterapia che mi piace molto). Se la terapia è a orientamento corporeo anche i corpi del cliente e del terapeuta sono inclusi nella relazione terapeutica, con i loro movimenti, la vicinanza e la distanza,  che sono portatori di significati  che solo i corpi possono svelare con precisione assoluta.

Quindi anche solo immaginare l’offrire sessioni di psicoterapia online veniva da me associato a uno snaturamento profondo di un processo di guarigione, della cui efficacia sono testimone da più di trent’anni.

 

il punto di svolta

Però, quando è stato annunciato il lockdown, e mi sono trovata a dover sospendere la mia attività perché ero transitata attraverso la zona rossa (quando ci ero transitata, due giorni prima, non era ancora zona rossa), non ho avuto dubbi: era necessario continuare a rimanere in contatto, continuare a offrire la presenza e gli strumenti efficaci per aumentare la resilienza, soprattutto in un momento così difficile.

Le prime sedute, sono state difficili, faticose; in esse seguivo con gli occhi il volto  e con le orecchie le parole, ma sentivo acutamente l’assenza del reale contatto. Poi, la scoperta! Non c’è più distanza o meno distanza: se gli 80 cm di separazione che ci sono nella stanza della terapia non mi impediscono di risuonare con il vissuto dei miei clienti, perché dovrebbe farlo l’essere lontani alcuni kilometri?
Questa intuizione si è rivelata vera, e da allora le sedute sono tornate a essere il dialogo non solo di due menti, ma anche di due corpi che risuonano l’uno con l’altro, negli impulsi, nei sentimenti, nell’energia.

Però la Domanda ha continuato a vivere in me e ad esigere risposte. E ho deciso di offrire sessioni di lavoro corporeo bioenergetico online gratuitamente. Che, tra l’altro, sono davvero efficaci.

 

la vera scienza è fatta di ipotesi

Ma ancora non sono in pace, perché è troppo grande la pena, la tristezza, e la rabbia, nell’essere testimone di come bisogni fondamentali dell’essere umano siano calpestate da giornalisti, da coloro che dovrebbero gestire la cosa pubblica, da sedicenti scienziati che creano patti trasversali per la scienza, apparentemente più per sostenere una unica visione possibile che per amore di scienza.

La scienza è confronto, verifica, disponibilità a mettere in discussione le proprie ipotesi scientifiche; è ricordarsi che sempre ipotesi di esplicazione del mondo sono, quelle che facciamo. Perché non c’è una verità unica nella vera scienza, ma la ricerca della comprensione.

condividere il pensiero è condividere la salute

Così in questo momento difficile della storia italiana del dopoguerra, sento quanto sia importante anche contribuire e far circolare le idee.
Desidero usare questo blog , in questo periodo, non più esclusivamente per parlare di Respirazione Olotropica (che non è possibile praticare ma pur sarebbe tanto necessaria in questo periodo) e crescita personale, ma per far circolare articoli, punti di vista, riflessioni che ritengo significative, su ciò che stiamo vivendo. Punti di vista intorno alla salute, poco presenti nei media. Punti di vista sulla comunicazione mediatica. Punti di vista sul COOVID19.

Se condivido o segnalo un articolo non necessariamente è perché sposo tutto ciò che vi si sostiene, né presuppongo che la lettrice e il lettore debbano essere d’accordo.
Piuttosto lo faccio perché ritengo il contenuto interessante nel formarsi della propria opinione, per confrontare voci diverse, per avere una visione critica che ci permetta di pensare non solo con il cervello rettile o limbico con la sua funzione difensiva che si attiva in automatico (e ai quali oggi prevalentemente si rivolgono media, governatori, immunologi illustri solo perché sono diventati emissari governativi), ma anche con quello corticale, che permette lo sviluppo della socialità.

La scrittura non è il mio forte, preferisco parlare con la voce alle persone, e insieme a loro. Per questo, limiterò i miei contributi ad un commento introduttivo agli articoli in link, e rimando all’intelligenza ed alle inclinazioni dei lettori il farsi una propria opinione.

 

siamo in cura non in guerra!

Per cominciare questo percorso, oggi ti invito a leggere il bell’articolo di Guido Dotti, monaco nella Comunità di Bose SIAMO IN CURA NON IN GUERRA  sull’importanza delle metafore e delle parole che usiamo: ne parlerò ancora, e farà da introduzione e chiave di lettura anche a quelli che seguiranno.