Faq
Respirazione OlotropicaQueste domande riguardo alla Respirazione Olotropica ci vengono comunemente poste.
Tutte le risposte sono basate sull’articolo “12 Things you should know about Holotropic Breathwork” (le 12 cose che dovresti conoscere riguardo alla Respirazione Olotropica) scritto da Martin Boronson con Jean Farrell, Nienke Merbis, e Dara White.
Traduzione dall’Inglese a cura di Giorgio Piredda.
La Respirazione Olotropica comporta l’uso di droghe?
No.
Grof è stato uno dei primi e tra i più rispettati ricercatori nell’uso clinico dell’LSD. Analista e psichiatra freudiano, si convinse che l’LSD aveva un valore terapeutico come catalizzatore del potenziale curativo dell’inconscio. Grof ha condotto ricerche sistematiche con l’LSD nell’Istituto di Ricerca Psichiatrica di Praga dal 1960 al 1967, ed ha continuato questo lavoro alla Johns Hopkins University di Baltimora. Ha lavorato con pazienti psichiatrici, malati di cancro, tossicodipendenti, come pure con artisti e scienziati curiosi di indagare le dimensioni profonde della propria mente.
A quel tempo esisteva una grande una varietà di strade per lavorare con l’LSD, ma il metodo di Grof si distingueva per l’uso di un setting estremamente sicuro e per la messa a fuoco profonda. Questo comportava che il paziente si sdraiasse ad occhi chiusi, ascoltando la musica, e con l’assistenza continua di due medici. Così l’attenzione era concentrata sull’esperienza interiore, piuttosto che su quella interattiva o psicodinamica, e sulla possibilità di accedere all’inconscio esperienzialmente, piuttosto che intellettualmente, verbalmente o analiticamente. Grof osservò e riferì i notevoli benefici terapeutici ottenuti dai suoi pazienti attraverso l’uso di questo processo. Più tardi egli si accorse che quegli stati di coscienza non erano poi tanto non ordinari come sembravano: nella maggioranza delle civiltà pre-industriali esistono alcuni rituali culturalmente codificati per accedere a quegli stati, periodicamente, per promuovere guarigioni o trovare saggezza, usando mezzi come le percussioni ritmiche, le sostanze psichedeliche naturali, la meditazione, o utilizzando l’accelerazione come catalizzatore.
La ricerca clinica di Grof sull’LSD era estremamente promettente, ma a causa dell’uso in strada della droga, e la sua promozione ad opera di soggetti non proprio moderati come Timothy Leary, negli USA l’uso non clinico della droga venne vietato nel 1967, e la ricerca clinica venne interrotta nel 1975. Allora Grof rivolse la sua attenzione ad altri metodi per indurre stati non ordinari di coscienza, soffermandosi sull’uso di una respirazione profonda e veloce. Questa è la base della Respirazione Olotropica™. Nonostante la
Respirazione Olotropica abbia alcune somiglianze, nel setting e nell’intenzione con il lavoro di Grof con l’LSD, una sessione di Respirazione Olotropica non coinvolge assolutamente droghe. Come avviene per molte
pratiche yoga, essa e’ alimentata dalla semplice respirazione, al ritmo controllato dal cliente.
Il Facilitatore e’ un guaritore ?
Il principio base della Respirazione Olotropica è che la guarigione viene dall’interno del soggetto. Nel modello olotropico, questo è portato ad un livello di fiducia mai raggiunto prima. I facilitatori non sono considerati guaritori e neanche terapeuti. Piuttosto essi sono più simili ad una ostetrica, sono presenti per supportare un processo che ha una sua intrinseca saggezza.
Facilitare un workshop di Respirazione Olotropica è una pratica intensiva nel “non conosciuto”. Ricordo Grof quando dice che la ragione per cui il training per diventare facilitatore deve durare un minimo di due anni: è che servono almeno due anni per rendersi conto di quanto poco sappiamo.
Grof crede che nella psiche ci sia una funzione di ‘radar’ interno che, quando ne viene data l’opportunità, può scegliere l’esperienza più rilevante della quale abbiamo bisogno in quel momento, per la nostra crescita.[i] Nessuno può sapere nulla dell’esperienza, in anticipo. Per esempio, consideriamo una cliente bloccata dentro un vissuto di rabbia verso la madre: quale sarebbe per lei la migliore esperienza? Un terapeuta bioenergetico potrebbe incoraggiarla ad esprimere la propria rabbia. Un maestro buddista potrebbe
incoraggiarla a mettere in pratica la compassione. Uno junghiano potrebbe incoraggiarla a dialogare con l’immagine della sua rabbia. Uno yogi Kundalini potrebbe incoraggiarla ad incanalare la rabbia in una forma più alta. Ma un facilitatore di Respirazione Olotropica direbbe semplicemente, “ continua respirando e vedi che cosa sta emergendo per te”.
La risposta è specifica per il cliente e per quel momento.
E’ sempre molto allettante pensare che noi “ne sappiamo di più“. Questo è particolarmente vero per tutte le professioni che hanno lo scopo di aiutare. Ma il facilitatore di Respirazione Olotropica è allenato nel non-sapere. Ovviamente molte persone sono capaci di grandi doni nell’esercizio della loro professione, sia nella terapia cranio-sacrale, nel reiki, in bioenergetica, nella psicoterapia psicodinamica, o nella pulizia dell’aura, ma in un workshop di Olotropica queste non devono mai essere applicate al processo di un cliente. ‘Guarire qualcuno’ è una bella cosa, ma in un contesto di un workshop di Respirazione Olotropica sarebbe considerato un abuso di potere. Ogni partecipante dovrebbe andarsene alla fine di un workshop di Respirazione Olotropica sentendosi personalmente più carico di energia: avendo scoperto che lui stesso ha risposte al suo interno – non che quello o quella sono dei ‘grandi guaritori’.
Al Facilitatore di Respirazione Olotropica non viene richiesto di guarire e non deve diffondere l’idea di essere un guaritore. Il facilitatore di una sessione di Respirazione Olotropica sta là per aiutare, sorreggere ed incoraggiare i partecipanti a trovare ognuno la propria strada.
Molti clienti vengono ad un workshop di Respirazione Olotropica con il desiderio di ‘essere guariti’, o con il bisogno inconscio di trovare un guru. Questa può essere una trappola per entrambi, cliente e facilitatore. Ma un buon facilitatore dovrà resistere a quella proiezione, e gentilmente incoraggerà il cliente a cercare una risposta al suo interno. Naturalmente alcuni facilitatori possono avere una forte presenza come guaritori, o
possono essere dotati di buona ‘vista’ o di empatia. Ma tutti i buoni facilitatori di Respirazione Olotropica devono tenere sempre a mente: la regola per essere un facilitatore è di non sapere, dando spazio alle persone
affinche’ possano da sole trovare le risposte.
Il Lavoro di Respirazione Olotropica e’ un tipo di sciamanesimo?
La Respirazione Olotropica provoca dipendenza?
Di sicuro ho visto alcune persone che sembravano essersi agganciate alla Respirazione Olotropica. Ma qui dobbiamo essere attenti. Molte persone arrivano alla Respirazione Olotropica come ultima spiaggia, o quando attraversano crisi psico-spirituali. In questi casi, un periodo intensivo di lavoro interiore è per loro non solo auspicabile, ma essenziale. Possono volere o avere bisogno, per un periodo di tempo, di concentrasi sulla propria ricerca interiore. Per altre persone un workshop olotropico può rappresentare il solo posto conosciuto dove poter essere autenticamente se stessi, e dove poter dare espressione e sfogo alle energie molto grandi con le quali si stanno confrontando. Poi ci sono altre persone, come me, che considerano la Respirazione Olotropica una pratica spirituale, e cercano di
farne almeno due all’anno, meglio di un seminario di meditazione. Ma nonostante abbia visto moltissime persone praticare la Respirazione Olotropica intensamente per un certo tempo, ed altre che sembrano forse troppo attaccate alla Respirazione per un periodo, non ho mai visto nessuno mostrare dipendenza.
Non esiste probabilmente una singola pratica che, nelle mani di chi ha una dipendenza, non possa essere usata in quella forma. La Respirazione Olotropica non è dunque appropriata per le persone che sono attivamente dipendenti da qualsiasi cosa (sia essa droga, alcool, cibo, comportamento), in quanto la Respirazione tende a portare alla superficie proprio quel materiale che, attraverso la dipendenza, il soggetto sta cercando di cancellare; questo conflitto che cresce può generare un aumento della dipendenza. Ma una volta che il soggetto sia in cura, la Respirazione Olotropica può essere estremamente utile, aiutando la persona malata di dipendenza che inizia la cura a lavorare attraverso il materiale rimosso, e forse aiutandola a scoprire le motivazioni più profonde che sono alla base
della sua dipendenza.[iii]
Esiste un ordine prestabilito per l’esperienza?
Ho visto molti venire per la prima volta ad una Respirazione Olotropica con idee prefissate su ciò di cui devono fare esperienza o che vogliono provare, come se avessero ricevuto istruzioni dal proprio terapeuta (Una persona addirittura arrivò con la mappa del corpo disegnata dal suo terapeuta, con le indicazioni di dove avrei trovato i problemi.) Ma nella Respirazione Olotropica non esiste un ordine prestabilito per l’esperienza, e non c’è modo di sapere in anticipo cosa verrà fuori. I Facilitatori lo sottolineano in
continuazione: lascia da parte i tuoi programmi e lasciati sorprendere. Il tuo guaritore interno selezionerà l’argomento che tu esplorerai, la guarigione di cui farai esperienza, e la lezione che dovrai imparare.
C’è anche una comune ed erronea convinzione per cui i clienti dovrebbero per prima cosa fare luce sui traumi personali, poi lavorare sul trauma della nascita, e dopo, se sono fortunati, potrebbero accedere ad una esperienza transpersonale. Questa è una interpretazione incomprensibile ed erronea del lavoro di Grof, perchè lui ha suggerito questo come ordine generale delle scoperte in un processo olotropico. Tuttavia, se ci basiamo su ogni singolo caso e sessione su sessione, le cose non funzionano così. Ho visto molte persone avere esperienze spirituali molto potenti alla loro prima sessione: queste esperienze possono dare loro l’incentivo per continuare, fornire una panoramica del loro processo, o gli strumenti di cui si ha bisogno per continuare. Ho visto molte persone la cui prima esperienza era interamente transpersonale, e questo può ripetersi per molte volte, finchè queste arrivano alla conclusione che il prossimo passo per la crescita sta nella loro
vita personale, o nella loro storia personale.
E interessante notare come molte sessioni coinvolgano vari livelli della psiche contemporaneamente, in un affascinante visione olografica. E, come per i sogni, ogni sessione può contenere un preludio o un accenno delle cose che verranno. Ricordo un partecipante, un vero vegetariano, che ha avuto una sessione olotropica nella quale l’immagine di un Big Mac appariva fugacemente nella sua mente, con suo grande divertimento. Nella successiva sessione, parecchi giorni più tardi, ebbe una autentica esperienza transpersonale nella quale sperimentò se stesso come un leone affamato che divorava la carne cruda di una preda appena uccisa.
Sono arrivato alla conclusione che la Respirazione Olotropica semplicemente porta in superficie da un qualsiasi livello della coscienza l’esatta esperienza di cui abbiamo bisogno in quel preciso momento. Se
questa sia una esperienza ‘terapeutica’ o una ‘spirituale’ è irrilevante. Se sembra provenire dal passato, anche questo è irrilevante. Se sia letterale o metaforica, anche questo non sembra molto importante. Ciò che è
importante più di tutto è semplicemente avere quella esperienza, quel giorno. La sessione ti dà un’immagine della struttura archetipica del momento presente, e ti porta, molto efficacemente, al prossimo passo del
tuo sviluppo.
Il bodywork e’ necessario nella Respirazione Olotropica?
I Facilitatori di Respirazione Olotropica sono preparati ad aiutare i partecipanti con una forma di supporto che è chiamata, talvolta impropriamente, e spesso confusa con, bodywork. A onor del vero l’espressione corretta è: “Lavoro Focalizzato per il Rilascio di Energia”, piuttosto che “bodywork”. E’ a disposizione dei clienti, su richiesta, durante o alla fine di una sessione. Viene di solito richiesto dai partecipanti quando si sentono nei guai, in difficoltà nel tornare a terra, o quando sentono che la loro sessione non è completata.
La maggior parte dei partecipanti completa la sessione senza la necessità di tale aiuto. Ma se qualcuno lo richiede, un facilitatore verrà incontro creativamente ed empaticamente a qualsiasi richiesta del cliente. Il più delle volte, questo significa semplicemente poggiare gentilmente una mano sulla spalla, come incoraggiamento. Alcune volte un facilitatore suggerirà al cliente di amplificare quello che già sta avvenendo. Questa potrebbe essere amplificazione fisica, ma potrebbe anche essere amplificazione espressiva.
Ciò significa semplicemente incoraggiare un cliente a vocalizzare un suono, oppure esplorare una immagine nella quale già sta navigando. Un cliente può anche richiedere una resistenza fisica per una particolare posizione allo scopo di intensificarne la sensazione. Ma questa resistenza fisica non comporta il fare qualcosa al cliente, e non è mai concepita come un mezzo per sopraffarlo. E’ semplicemente incontrare il cliente dove è, ed incoraggiarlo ad andare un pò più in là, se lo desidera.
Sfortunatamente ho visto alcuni terapeuti, non allievi di Grof, fare degli interventi mentre si lavora con stati non ordinari di coscienza, che mi hanno fatto impallidire, e per questo voglio essere molto chiaro: un facilitatore di Respirazione Olotropica non interverrà, mai e poi mai, fisicamente, in una sessione, senza il permesso del cliente – a meno che non ci sia l’imminente pericolo che il cliente faccia del male a se stesso, o a qualcun altro.
La Respirazione Olotropica provoca esperienze fuori del corpo?
Avere una esperienza fuori del corpo è certamente possibile in una sessione di Respirazione Olotropica. La maggior parte delle sessioni di Respirazione Olotropica, tuttavia, sono straordinariamente incarnate nel corpo. Difatti questo potrebbe essere uno degli aspetti di maggior valore della Respirazione Holotropica. Perchè il respiratore è sdraiato, sul materassino, con qualcuno accanto per assicurarlo che non si farà del male, ed è possibile per il suo corpo fare qualunque cosa abbia bisogno di fare.
Questa è una regola abbastanza diversa, per esempio, da quella di un seminario di meditazione, dove può essere prescritta la esatta postura fisica per la pratica. In una Respirazione Olotropica tu puoi esprimere te stesso
fisicamente in qualsiasi forma immaginabile. Di più, tu puoi permettere al tuo inconscio di esprimersi fisicamente, in qualsiasi modo voglia farlo. Così i partecipanti possono avere esperienze spirituali completamente incarnate, quasi espresse idiosincraticamente. Non ho visto nessuna pratica che sposa il trascendente e l’immanente, lo spirituale e il fisico in modo così efficace.
I partecipanti lasciano il workshop "non radicati"?
Dopo ogni esperienza drammatica, esiste il rischio di rimanere “non radicati”. Le persone che ritornano da un ritiro in un ashram o da una meditazione, perfino da una sessione terapeutica o da un massaggio, possono essere senza i piedi per terra. Esperienze profonde sono spesso sconvolgenti, e puo’ essere necessario del tempo per integrare tali esperienze con la vita di tutti i giorni. Questo è il motivo per cui le sessioni
di Respirazione Olotropica sono abitualmente programmate con un seminario di più giorni, e, come minimo, con un seminario di una giornata.
Un workshop organizzato in forma residenziale aiuta le persone ad entrare più profondamente nell’esperienza, e dà loro più tempo a disposizione per completarla. I buoni facilitatori si assicurano che le persone siano
sufficientemente ‘radicate’ (atterrate, con i piedi per terra) prima di lasciare il workshop, e sono disponibili ad aiutarle anche dopo, se necessario.
I facilitatori di Respirazione Olotropica spesso indirizzano le persone ad un terapeuta appropriato per supporto ed integrazione della loro esperienza (e molti terapeuti suggeriscono ai loro clienti la Respirazione Olotropica come integrazione alla loro terapia).
In qualche modo, la Respirazione Olotropica in realtà offre una forma superiore di grounding. I facilitatori si impegnano ad assistere il cliente fino a che questi abbia raggiunto un ragionevole livello per la chiusura della sessione. La maggioranza delle persone termina la sessione in 2- 3 ore, ma i facilitatori sanno che la fine di una sessione non può essere imposta arbitrariamente: ogni sessione ha la sua propria logica interiore. (In rare occasioni ho visto alcuni facilitatori, compreso Stan Grof, rimanere con qualcuno tutta la notte).
Ancora più chiaramente, non esiste un ‘metodo’ per chiudere. I Facilitatori lavorano con ciascun cliente, se necessario, per assicurare una chiusura appropriata. Prima di sperimentare la Respirazione Olotropica, ho avuto molte esperienze profonde nelle mani di terapeuti che non capivano questo.
Facevano terminare le mie sessioni in un momento scelto da loro, o ad una ora prestabilita, utilizzando una visualizzazione guidata, un rituale di chiusura, o semplicemente annunciando l’orario e sottilmente incoraggiandomi ad alzarmi. Mentre questo è comprensibile dal punto di vista organizzativo, ciò può non avere nulla a che fare con i bisogni del cliente, e potenzialmente può costituire un danno per la innata saggezza
della psiche del cliente. Perchè invitare a cominciare una esperienza, in uno spirito di fiducia, per troncarla poi arbitrariamente?
Questa non è soltanto una faccenda di tempo. Un facilitatore di Respirazione Olotropica incoraggia ogni cliente a trovare quell’unico simbolo ( per esempio: espressione, realizzazione, immagine, o bisogno) che
completa il suo viaggio, e lo aiuta a sentirsi pronto per il ritorno. Soltanto quando ho incontrato la Respirazione Olotropica condotta correttamente sono stato capace di trovare una autentica chiusura a certi temi, trovando la unica risposta alla mia particolare situazione psicologica. Non dovevo più
ritirarmi alla vita di tutti i giorni per rispondere alle richieste degli altri, imparai piuttosto a trovare la mia propria strada per tornare indietro, in un modo che sentivo autentico.
A volte, naturalmente, un viaggio non può essere completato in una sessione – alcuni viaggi durano tutta la vita – ma ci può essere almeno una appropriata chiusura per quella fase particolare del viaggio. Tuttavia
chiudere prematuramente una sessione è come chiedere a Giasone di tornare a casa senza il vello d’oro perchè la sua cena si sta raffreddando.
Permettere alle persone di trovare la propria strada per il ritorno è al tempo stesso fonte di più energia, è più etico, più soddisfacente, e alla fine molto più efficace.
La Respirazione Olotropica porta ad uno “stato alterato di coscienza”?
Il termine ‘stati alterati’ è stato largamente usato agli inizi del movimento transpersonale, ma poichè fa pensare all’anormalità o alla patologia, è stato via via sempre meno usato. E’ stato preferito il termine “stato non ordinario di coscienza” in quanto non giudica questi stati positivamente o negativamente. Grof inoltre tende a chiamare questi stati di coscienza semplicemente “olotropici”, che significa “ che muovono verso la totalità”.
In altre parole, la Respirazione Olotropica semplicemente ci apre ad uno stato di coscienza che ci aiuta a muoverci verso la totalità.
In anni recenti, ho sentito qualcuno usare il termine “straordinari stati di coscienza” il che suggerisce la bellezza e la potenzialità di tali stati. Personalmente, tuttavia, sono arrivato alla convinzione che tali stati di coscienza – come i sogni – sono sempre presenti; sono straordinari se noi non ne siamo già coscienti. Sono convinto che il mondo simbolico sia attualmente attivo a tempo pieno, ma noi siamo proprio troppo ‘svegli’ per rendercene conto. La mia attuale concezione della Respirazione Olotropica è che semplicemente ci porta in dimensioni più profonde del momento presente, rivelandoci un po di più dello spettro multicolore che è la realtà, in questo momento.
La Respirazione Olotropica e’ violenta?
Lavorando da anni come terapeuta e facilitatore di Respirazione Olotropica, e dalla mia personale esperienza, ho imparato che in ciascuno di noi ci sono sentimenti, desideri e reazioni violente. La domanda è in quale misura siamo consapevoli di questa violenza e fino a che punto possiamo lavorare su di essa con successo, il che rappresenta l’esatto contrario di esserne sorpresi, proiettarla sugli altri, o di agirla nel mondo.
Certamente la Respirazione Olotropica fornisce alle persone una opportunità senza uguali di poter lavorare con la propria collera e rabbia. I partecipanti si sentono sicuri che non faranno male a nessuno, nemmeno a se stessi. Possono fare tutto il chiasso che vogliono. Sono realmente liberi di sfogare i sentimenti più violenti. Chiunque si trovasse per caso dentro un workshop, senza avere possibilità di capire, potrebbe pensare che si tratti di una attività violenta. Ma io credo che ciò che avviene è soltanto una rappresentazione drammatica dell’interno della psiche umana, che naturalmente comprende sentimenti violenti. Il fatto che le persone possano sperimentare sentimenti violenti non vuol dire che il processo in sè sia violento. La maggior parte dei partecipanti ad un workshop di Respirazione Olotropica hanno deciso, secondo me, di confrontarsi con la propria verità interna, compresa la propria ombra, in modo da poter essere più in pace e liberi nella vita di tutti i giorni.
Certamente, il confronto con la rabbia può rappresentare una sfida. Molte persone, dopo anni di depressione, o di inconsapevolezza della propria rabbia, scoprono di averne così tanta da aver bisogno di imparare tecniche
per saperla maneggiare, o di praticare uno sport proprio per affrontare e contenere questa ondata di sentimenti. Ma mentre nel breve periodo questo aumento di rabbia può essere destabilizzante, nel contesto della guarigione è un successo.
Un facilitatore di Respirazione Olotropica non metterà mai in programma per un cliente l’espressione di sentimenti di rabbia. L’esternazione di sentimenti rabbiosi è semplicemente una delle possibili esperienze che
possono emergere in una sessione. In verità molte sessioni di Respirazione Olotropica sono piene di pace, gioiose, giocose. Dopo aver co-facilitato quasi 10.000 sessioni di Respirazione Olotropica, posso dire di aver visto sì molta rabbia, ma ancor più tristezza, dolore, vulnerabilità, tenerezza, saggezza e meraviglia.
La Respirazione Olotropica consiste soltanto nel rivivere traumi?
Una delle più comuni ed erronee convinzioni sulla Respirazione Olotropica, è quella che si tratti soltanto di recupero da trauma.
La Respirazione Olotropica è praticata da persone che sono in trattamento per trauma ed anche da persone che non hanno conosciuto traumi. Conosco un maestro Zen che indirizza i suoi allievi alla Respirazione Olotropica quando la pratica della meditazione diventa per loro difficile. Ho visto la Respirazione Olotropica come un effettivo partner di altre forme di sviluppo personale. E’ stata usata in contesti come sviluppo della leadership, dialogo inter-religioso, e di riconciliazione tra i sessi. Il punto è che la Respirazione Olotropica è un mezzo moderno che permette a tutti noi di esplorare le più profonde dimensioni di noi stessi: a volte questo comporta la guarigione di ciò che è accaduto prima, altre volte significa scoprire cosa sta avvenendo al di là. Ma sempre significa toccare ciò che sta realmente accadendo, proprio adesso.
Sì, la Respirazione Olotropica sembra offrire alla gente la possibilità di recuperare memorie o una straordinaria opportunità di
catarsi. La molla che spinge un individuo ad intraprendere un percorso di auto-esplorazione è spesso la storia di un trauma, oppure la comparsa dei sintomi provenienti da un trauma. Ma la Respirazione Olotropica non si rivolge in primo luogo ai traumi. E nemmeno un
facilitatore di Respirazione Olotropica dovrebbe incoraggiare un cliente a ‘credere’ al ritorno di una memoria come ad un fatto, per due ragioni. La prima, perchè è sempre il cliente che deve interpretare l’esperienza. La seconda perchè le sessioni di Respirazione Olotropica, come i sogni, di norma contengono un miscuglio di elementi, sia biografici che simbolici, che può essere veramente difficile separare. Questo non vuol dire che un trauma ritornato alla memoria non sia avvenuto, soltanto che non è competenza del facilitatore di Respirazione Olotropica stabilire un calendario o interpretare l’esperienza, e che lo scopo del workshop non è mai semplicemente ‘il
trattamento dei traumi’.
La definizione di trauma non è così semplice come si pensa, e può variare sia in base alla cultura che al momento storico. Alcune persone suppongono che la Respirazione Olotropica possa ri-traumizzare; molte altre sostengono che qualsiasi tecnica nella quale il trauma viene rivisitato sia ri-traumatizzante.
Il pensiero di Grof, tuttavia, è che il trauma si manifesta in una sessione olotropica soltanto se è necessario per la guarigione. I facilitatori di Respirazione Olotropica non insisteranno mai affinchè qualcuno lavori sul trauma, e nemmeno dovrebbero stabilire per quanto tempo un soggetto dovrebbe lavorare sul trauma.
E’ possibile che chi sta lavorando su un trauma (con qualsiasi modalità) rimanga prigioniero per un certo tempo di quel processo. In verità sembra che questa sia la strada con la quale varie persone vanno avanti. Queste persone rimangono impantanate in una certa prospettiva, finchè non ne sono talmente piene che una nuova prospettiva viene fuori. Durante il periodo di stagnazione, tuttavia, queste persone possono certamente dare l’idea di essere in un circolo vizioso.
Ma è importante ricordare che la Respirazione Olotropica, poichè non si occupa di trattamento di traumi, sta sempre offrendo ai propri clienti una nuova strada di uscita dai vecchi problemi. La prima raccomandazione nella Respirazione Olotropica non è di ‘entrare nel trauma’ , ma di ‘respirare finche’ resterai sorpreso da ciò che emerge’. In altre parole: ‘non restare incastrato nelle tue convinzioni’.
Molto francamente, ho visto molta più ritraumatizzazione ad opera di terapeuti e guru che impongono le proprie convinzioni sulla psiche
completamente aperta dei propri clienti – interpretando i sintomi in accordo con i propri modelli di riferimento, consigliando loro particolari forme di lavoro, intervenendo nelle loro scelte di vita e così via. La Respirazione Olotropica è semplicemente uno spazio amorevole nel quale qualsiasi cosa vuole emergere ha la possibilità di farlo.
In molti paesi la Respirazione Olotropica è vista attualmente più come un processo spirituale che terapeutico; gli workshops attraggono persone che sono in cerca soprattutto di espandere la propria consapevolezza. Ma sia che i benefici di una Respirazione Olotropica siano spirituali o terapeutici (ed io non sono così sicuro che esista una differenza), il punto principale è che ciò che avviene in una sessione di Respirazione Olotropica, detto nel modo più semplice, è questo: ottieni la parte successiva dell’immagine.
La Respirazione Olotropica va troppo nel profondo ?
Innanzitutto, non c’è dubbio che la Respirazione Olotropica consenta alle persone di avere esperienze profonde e, in una certa misura, essa catalizza queste esperienze. Bisogna comunque ricordare che il cliente ha sempre il controllo del meccanismo che guida la profondità del processo: la respirazione. Nessuno è forzato ad andare più a fondo di quanto non voglia.
Come nell’osteopatia, nell’omeopatia – e in un certo modo nell’analisi junghiana, anche nella Respirazione Olotropica si lavora per fare crescere i sintomi o per amplificarli, e questo viene letto come un segno di svolta: questa è chiamata ‘crisi di guarigione’. Questo è completamente differente dal modello medico, dove lo standard spesso è l’eliminazione del sintomo – talvolta senza che nessuno neanche ne conosca le cause .
Grof crede che il sintomo sia simile ad un modello di interferenza – esso rappresenta la ‘punta’ di un’altra realtà o gestalt che sta cercando di emergere.[v] Il problema e’ che quella altra realtà non rispecchia questa realtà molto bene. Per esempio un attacco di panico potrebbe essere il tentativo della psiche di curare un trauma precedente; ed ha molte caratteristiche comuni con il trauma della nascita (claustrofobia, costrizione, paura, battito cardiaco accelerato, ecc.). Il problema, tuttavia, non è l’attacco di panico, ma il contesto nel quale si sta manifestando. Se avviene mentre stai al volante di un’auto, o seduto alla scrivania dell’ufficio, è considerato patologico. Ma se avviene in un contesto sicuro ed assistito, dove è possibile farne una esperienza completa, allora la gestalt che ne sta alla base puo’ essere risolta, ed e’ considerato salutare. In un mondo nel quale il modello dominante di cura incoraggia la soppressione dei sintomi,
non bisogna sorprendersi del fatto che ogni tecnica che incoraggia l’amplificazione dei sintomi sarà messa in discussione.
Di certo ho visto persone entrare in terreni veramente pericolosi nel corso di sessioni di Respirazione Olotropica, ma queste persone avrebbero potuto incontrare situazioni ancora più difficili se queste energie fossero venute a galla nella vita di tutti i giorni. Nei momenti di intenso cambiamento nella vita di una persona si possono verificare sbalzi di umore, sogni lucidi ed ansia profonda. Molta gente arriva ad un workshop di Respirazione Olotropica nel mezzo di una tale fase di trasformazione; pertanto ad un osservatore occasionale può sembrare che la Respirazione Olotropica abbia causato questo sfasamento, piuttosto che essere un metodo per curarlo.
Molti arrivano alla Respirazione Olotropica come ultima spiaggia. Ho lavorato con molti clienti che erano in cura per maltrattamenti ad opera di psichiatri professionisti, o di sciamani o yogi manipolatori, e che soltanto in un workshop di Respirazione Olotropica trovavano uno spazio sicuro e non giudicante. Ho anche lavorato con molte persone che erano in cura per abuso di sostanze stupefacenti, le quali possono creare uno stato psicologico veramente complesso e difficile. Non è sorprendente che la Respirazione Olotropica attragga queste persone, per la sicurezza, la profondità ed il rispetto per il cliente che essa offre. Ma sarebbe un errore credere che la Respirazione Olotropica induce una esperienza difficile in persone che altrimenti non vi sarebbero arrivate. La mia esperienza generale è che la gente trova che può risolvere delle questioni in una sessione di Respirazione Olotropica, questioni che non possono essere risolte da nessuna altra parte.
Non sto negando che la Respirazione Olotropica sia un processo profondo ed a volte emotivo. Ma le esperienze profonde non sempre sono terrificanti o buie (nonostante queste sembrano conquistare più spazio sui giornali). Ho visto molte persone in un workshop di Respirazione Olotropica dare libero sfogo alla propria capacita’ di ridere a crepapelle, imparare a piangere profondamente, muovere parti del proprio corpo congelate da anni, fare esperienza dell’estasi per la prima volta, e trovare una calma ed una pace che non hanno mai raggiunto prima nella vita di tutti i giorni.