di Ervin Laszlo
Prefazione al testo inedito di Nato Frascà ‘In Flagrante delitto d’esistenza’.
In questo immaginario, poetico e quasi mistico libro Nato Frascà ci presenta alcuni notevoli fenomeni, meritevoli di un profondo interesse scientifico.
Il suo soggetto è il più profondo viaggio di regressione nel passato che un essere umano può intraprendere senza ricorrere a droghe allucinogene o ad ipnosi. Frascà ci mostra che esso può essere affrontato attraverso strumenti che appartengono per tradizione alla sfera dell’arte: tramite una sorta di “schizzi inconsci” che chiama Scarabocchi.
Gli Scarabocchi, ci fa notare, possono essere considerati un segno che ci conduce al nostro più profondo subconscio partendo dagli aspetti manifesti della realtà.
Nella sua vita, Frascà ha esaminato e decodificato, a oggi, più di un milione di fogli di Scarabocchi: una media di cento ciascuno fatti da circa 10.000 persone: la maggior parte delle quali sono stati studenti del Corso di Teoria della Percezione e Psicologia della Forma che egli tiene all’Accademia di Belle Arti di Roma.
Per quale ragione un pittore considerato con rispetto e inoltre professore di materie artistiche intraprende questo lavoro di sbalorditivo impegno per circa quarant’anni di lavoro? Chiaramente perché gli Scarabocchi degli adulti dischiudono qualcosa di affascinante, totalmente sconosciuto, riguardo al lato inconsapevole della mente della persona.
Proprio il crescente numero di studi attuali attesta come l’inconscio includa la registrazione quasi completa della storia passata della persona.
Di conseguenza lo Scarabocchio, eseguito con il metodo sviluppato da Frascà, dischiude quel mondo di informazioni riguardanti gli effetti da regressione inconscia nell’utero materno. Questo avviene perché le informazioni che esso convoglia includono una stupefacente, accurata registrazione dei principali eventi come quelli che toccano il feto nell’utero.
Il metodo di Frascà è stato perfezionato acquisendo il 97% di accurate decodificazioni emerse da questa memoria.
E’ possibile che questa scoperta sia di grande importanza, parallelamente ad altre importanti conclusioni nella esplorazione profonda della psiche.
Possiamo essere grati a Nato Frascà per aver sottoposto alla nostra attenzione questo fenomeno. Ora è compito della comunità scientifica in generale e, in particolare, alla comunità di psicologi e ricercatori, di prendere coscienza e raccogliere la sfida per replicare gli esperimenti, verificando la scoperta, e giungere, con ragionevole ipotesi, a fornire le spiegazioni.
Per indicare la direzione che questa ricerca dovrebbe perseguire, dobbiamo tenere presente che le scoperte di Frascà si accostano allo spettro di scoperte fatte da psichiatri e psicoterapeuti nel corso delle terapie di regressione.
Nel contesto di tali terapie, il paziente entra in uno stato alterato di coscienza, una trance leggera simile –ma non uguale- a una leggera ipnosi.
Lo stato indotto nella terapia regressiva è preferibile allo stato ipnotico poiché il soggetto non è sottomesso alla suggestione dell’ipnotizzatore ma può esplorare il proprio subconscio senza costrizioni esterne.
Le scoperte che vengono alla luce indicano che, in questo stato di coscienza altamente creativo, le persone hanno accesso ad un vasto immagazzinamento di informazioni che includono, ma non si limitano a questo, il loro passato prenatale.
Stanislav Grof, il cui lavoro è iniziato – come quello di Frascà – molti anni orsono, si è interessato a esperimenti di spostamento spazio-temporale partendo da quelle “esperienze embrionali e fetali” qui investigate da Frascà, nell’abbeverarsi a “esperienze ancestrali” e coinvolgendosi in identificazioni con antenati biologici, “esperienze razziali e collettive” dove questi coinvolgimenti non riguardavano un particolare tipo di antenati ma membri della stessa razza, o talvolta l’intera specie umana (ricordandoci “l’inconscio collettivo” junghiano), fino ad arrivare alle esperienze di incarnazioni precedenti”.
Alla luce di queste scoperte, Grof ha fatto presente che il modello cartografico della mente umana aveva bisogno di essere completato con altri elementi supplementari.
Al modello “biografico-riminiscente”, domino della psiche, è necessario aggiungere quello “perinatale” e quello “transpersonale”. Con questi modelli supplementari della psiche le informazioni ricevute possono estendersi, al di là della portata degli organi sensori, sia nello spazio che nel tempo.
Carl Jung, sebbene non abbia ottenuto la vasta gamma di dati cui hanno avuto accesso Grof e altri terapisti contemporanei, ebbe consapevolezze di queste più profonde dimensioni della psiche e ne fu affascinato. Tanto che chiamò, questo fattore comune che è alla base e connette tale mondo, “unus mundus”.
La concezione di Jung ha indicato la direzione di una strada di ricerca fruttuosa; quella di una più profonda realtà che colleghi mente a mente, e mente a materia.
Questo accesso è direttamente pertinente alle conclusioni di Frascà.
Grazie ad esse ci sembra che il mondo e il cervello – il cosmo e la coscienza – siano interconnessi da un continuo campo di informazioni custodite e trasmittibili.
E’ proprio questo il campo anticipato da alcuni ricercatori in anni recenti, incluso David Bohm e colui che scrive.
L’esame dettagliato delle proprietà di questo campo può gettare nuova luce su numerosi altrimenti inspiegabili, fenomeni, inclusa la quasi-permanente registrazione degli eventi passati nell’inconscio dell’individuo.
Chiaramente, scoperte come quelle di Nato Frascà non possono essere qualificate come pure chimere, o il parto di una fertile ma indisciplinata immaginazione.
Esse mirano verso una ancora inesplorata dimensione della coscienza umana; quella dimensione che emerge in primo piano negli stati alterati di coscienza e indica che le profonde capacità della psiche contengono informazioni che si estendono di gran lunga oltre i confini della mente fisica e dell’organismo.
T.S.Eliot domandava:
“Quali sono le radici che si aggrappano, quali i rami che si ergono da queste rovine di pietra? Tu, figlio dell’uomo non puoi dirlo, o congetturarlo, tu conosci soltanto un mucchio di immagini spezzate…”
Forse, l’esplorazione dei nostri sottili nodi con ciascuno degli altri e con il nostro passato, possono essere sufficienti a permetterci di arrivare a possedere qualcosa più che delle immagini spezzate.
Essa ci può aiutare a riconoscere i “disegni connessi” di Bateson: quelle sottili trame presenti nel cosmo e nella biosfera, e presenti allo stesso modo del nostro subconscio e nella nostra mente. […]”